elemento soggettivo nella assicurazioni infortuni

elemento soggettivo nella assicurazioni infortuni

 

 

 

 

FOCUS: L’ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA ASSICURAZIONE INFORTUNI E MALATTIE

Sommario:
1. Elemento soggettivo nel contratto di assicurazione
2. Dolo e colpa grave nella fase informativa
3. Dolo e colpa grave nella causazione del sinistro
4. Onere della prova dell’elemento soggettivo

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Dolo e colpa sono tradizionalmente i due titoli di imputazione soggettiva dell’illecito (sia penale sia civile). Il dolo (art. 42 comma II c.p.) presuppone la rappresentazione mentale (coscienza) e la piena volontà di mettere in atto un determinato illecito. La colpa non presuppone la volontà (per definizione il fatto colposo è “contro la volontà” o “non voluto”). La Dottrina, soprattutto in ambito penale, ha enucleato una ulteriore serie di figure sottostanti e di graduazioni (preterintenzione, dolo eventuale, colpa cosciente, colpa generica, colpa specifica, colpa grave, colpa lieve, colpa oggettiva, colpa professionale, etc.). Mentre nel diritto penale il criterio di riferibilità soggettiva più frequente (nei delitti) è il dolo, nel diritto civile il criterio predominante di imputazio-ne soggettiva dell’illecito è la colpa. A seconda della “intensità” della deviazione dagli standards di comportamento astrat-tamente esigibili (negligenza, imprudenza ed imperizia) la colpa può essere graduata.  Interessante, e di particolare interesse in ambito assicurativo per le deroghe al disposto dell’art. 1900 c.c. è la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente: in entrambe le ipotesi vi è la rappresentazione mentale della concreta possibilità di verificazione dell’evento; nel dolo eventuale, nonostante la rappresentazione mentale di questa possibilità, l’agente decide di agire lo stesso (teoria della adesione mentale) anche a costo di provocare un evento criminoso accettandone il relativo rischio. Nella colpa cosciente l’agente, pur prevedendo la possibilità di accadimento dannoso, non “aderisce” alla ipotesi, non ne accetta consapevolmente il relativo rischio (confidando mentalmente nella non verificazione o nell’evitamento del fatto dannoso grazie alle proprie abilità operative). Da ultimo si veda sezioni Unite 2014 n. 38343 (caso del rogo Thyssen Krupp).
1- ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA ASSICURAZIONE
Principio generale è che il contratto di assicurazione, data la natura aleatoria, deve SEMPRE essere caratterizzato dalla suprema buona fede (uberrimae bonae fidei) dei contraenti sia nella fase precontrattuale sia nella fase di esecuzione del contratto. Le “deviazioni” (sia nella fase di formazione del consenso sia nella fase di copertura) dal principio di massima buona fede (schiettezza e trasparenza), sia che avvengano vo-lontariamente (dolo) sia che avvengano per inescusabile superficialità (colpa) vengono sempre sanzionate. L’elemento psicologico dell’assicurato rileva sia in fase precontrattuale (cioè in fase assuntiva) sia in fase di esecuzione contrattuale (cioè in corso di polizza). Ne consegue che le due tematiche centrali, relativamente alle assicurazioni danni, possono essere individuate (a) nella rilevanza di dolo e colpa grave ai fini della esatta conoscenza del perimetro del rischio e (b) nella esclusione della garanzia per i sinistri cagionati da dolo e colpa grave dell’assicurato o del beneficiario.
Possiamo quindi dividere il focus in queste due macroaree (elemento psicologico nella fase informativa ed elemento psicologico nella causazione del sinistro).
2-DOLO E COLPA GRAVE NELLA FASE INFORMATIVA
In presenza di informazioni inesatte l’assicuratore si può trovare a scoprire di essere di fronte ad una “difformità” (difformità che, dal punto di vista oggettivo, può essere classificata come originaria o successiva, determinante o non de-terminante). Ricordiamo che sono TRE le condizioni essenziali (delle quali una oggettiva e due soggettive), secondo giuri-sprudenza di legittimità (da ultimo si veda, ex plurimis, Cassazione 2018 n. 24563 e n. 13399), per l’applicabilità della eccezione di inoperatività (1892 c.c.):

  • PRIMO: La dichiarazione deve essere stata inesatta o reticente;
  • SECONDO: La dichiarazione (oggettivamente falsa o reticente) deve essere stata resa, soggettivamente, con dolo o colpa grave;
  • TERZO: La dichiarazione deve essere stata determinante nella rappresentazione del rischio e nella formazione del consenso.

In ordine alla VERIFICA, in sede giudiziale, della oggettiva falsità della informazione la questione è spesso semplice perché, nella stragrande maggioranza dei casi, la difformità rispetto alla realtà storica avviene attraverso il semplice raf-fronto tra documenti. Più difficile si presenta la verifica giudiziale della condizione soggettiva, oggetto del presente focus, implicante la dimostrazione (a carico dell’assicuratore) o della volontà fraudolenta (dolo) o della grave ed inescusabi-le leggerezza e trascuratezza (colpa grave).
Qui, lo diciamo subito, “dolo” e “colpa grave” sono in pratica indistinguibili presupponendo entrambi, in concreto, la piena coscienza della inesattezza della informazione. La prova, in giudizio, dell’elemento soggettivo o “psicologico” è una mera finzione in quanto – come evidente – sarà sempre precluso all’assicuratore (se non in casi estremi) entrare nella testa altrui per fornire la prova del profilo soggettivo (dolo o grave colpa) dell’assicurato. Si parla, allora, di “oggettivizzazione” della colpa in ambito contrattuale per significare che la prova dell’elemento soggettivo non risiede nella ricostru-zione della psicodinamica altrui (vecchia concezione volontaristica) ma bensì nella ricerca dei documenti o delle prove (oggettive) che rappresentano e “cristallizzano” la violazione delle regole sociali di condotta. La giurisprudenza, ultimamente più sensibile al tema delle frodi assicurative, è oggi sempre più incline a collegare la dimostrazione del profilo soggettivo al “quantum” di divergenza dalla realtà; Tanto più sarà “grave” o “pesante” la falsità o la reticenza consacrata nei documenti tanto più sarà “presunta” la grave ed inescusabile superficialità da parte del consumatore. Ben rappresentativa di questo indirizzo (che vale in tutti i settori del “dolo o colpa contrattuale”) è la seguente massima (Cassazione civile sez. III, 10/06/2015, n.12086) : “non è necessario, al fine di integrare l’elemento soggettivo del dolo, che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni.”
Quindi, secondo giurisprudenza di legittimità, abbiamo:
DOLO: coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta
COLPA GRAVE: inescusabile negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione
Non vi è chi non veda la sostanziale sovrapponibilità dei concetti (entrambi incentrati sul dato della piena consapevolezza della importanza della informazione inesatta).
Nella prassi si tratta di nozione desumibile, per presunzioni, da un fatto noto documentato (es. questionario medico) secondo la tesi del “non poteva non sapere” e, quindi, della piena consapevolezza. In materia di reticenze assicurative dolo e colpa grave si sovrappongono e divengono, di fatto, sostanzialmente non distinguibili. La prova provata di quanto appena sostenuto è contenuto nel file (qui allegato per coloro i quali volessero approfondire) dove si sono passate in rassegna ben 27 sentenze di merito in tema di reticenze (1892-1893 c.c.); Delle 19 sentenza di rigetto (circa il 70%) nella totalità il Giudice di merito ha “accertato” la ricorrenza dell’elemento soggettivo del “dolo o colpa grave” senza operare, all’interno dello stesso, alcuna distinzione e senza accertare, in nessun caso, la presenza del solo dolo. Per farci una idea, sul campo, nei casi vinti da parte degli assicurati (come detto solo 8 su 27) il Giudice di merito ha accertato in metà di essi, a monte, la inesistenza delle difformità (prima ancora dell’elemento soggettivo) mentre nei residui 4 è stata accertata la “colpa lieve” (o meglio l’assenza di prova della colpa grave) sempre in relazione al “quantum” di difformità o inesattezza emergente dalla documentazione in atti. L’onere della prova dell’elemento soggettivo è, come vedremo in chiusura di focus, carico dell’assicuratore che solleva la relativa eccezione. Il relativo accertamento appare rimesso alla piena discrezionalità (se non al totale arbitrio) del Giudice di merito: “l’accertamento della sussistenza del dolo o della colpa grave costituisce indagine di fatto riservata al Giudice di merito e, come tale, incensurabile in Cassazione se immune da vizi logici”.

  • NOTA BENE: Questo dato è molto importante perché limita, di fatto, il giudizio relativo all’elemento soggettivo in ambito assicurativo ad un solo grado (non essendo opportuno proporre appello sul solo apprezzamento discrezionale e non essendo neppure ammissibile il ricorso in cassazione sulla sola questione di merito).

3-DOLO E COLPA GRAVE NELLA CAUSAZIONE DEL SINISTRO
L’elemento soggettivo, oltre che in relazione alla “fase informativa”, ha grande rilievo anche in relazione all’accertamento delle modalità di accadimento del sinistro. La regola generale, prevista dall’art. 1900 c.c., è che nella assicurazione contro i danni (tra cui infortuni non mortali ed IPM) l’assicuratore non sia obbligato per i “sinistro cagionati da dolo o colpa grave dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per la colpa grave”. Tale regola costituisce corollario della natura aleatoria del contratto di assicurazione e del principio indennitario; consentendo infatti di assumere in garanzia eventi futuri non incerti ma dipendenti sostanzialmente dalla v-lontà il contratto stesso perderebbe la propria causa tipica e la stessa funzione, ritenuta meritevole dall’ordinamento (la funzione indennitaria in relazione ad un evento incerto). Di tale funzione è specificazione, nelle polizze infortuni, la locuzione “fortuito” (costituente la fattispecie tipica della causa del sinistro indennizzabile unitamente a fatto “violento” ed “esterno”). Le polizze malattie (in relazione alla garanzia IPM) non richiamano invece, di norma, la locuzione di “causa fortuita” limitandosi a dare una definizione negativa (ogni alterazione dello stato di salute non dipendente da infortunio). Date queste premesse generali occorre allora stabilire, casistica alla mano, quando l’elemento soggettivo (dolo o colpa grave) dell’assicurato nella causazione del sinistro abbiano rilevo ai fini di escludere la garanzia.
SINISTRO CAUSATO DA COLPA GRAVE
Nelle polizze infortuni è sempre più frequentemente inserita espressa deroga in favore dell’assicurato al disposto dell’art. 1900 c.c. limitatamente alla “colpa anche se grave”.
In assenza di espressa deroga dovrebbero essere escluse da indennizzo le menomazioni (anche se derivanti da fatti violenti ed esterni) dovute a grave ed inescusabile negligenza ed imprudenza dell’assicurato; ad esempio:
– Lesioni che l’assicurato si è procurato nel tentativo di salire in corsa su un treno (Cass. 1963/3073)
– Lesioni che l’assicurato si è procurato in occasione di un sinistro provocato da propria condotta gravemente negligente ed imprudente (App. Milano 1968);
– Morte dell’assicurato trasportato causata da condotta gravemente negligente ed imprudente alla guida da parte del bene-ficiario (Cassazione civile sez. I, 08/04/1981, n.2005; in tal caso la deroga “colpa grave” in favore dell’assicurato non è stata ritenuta valida nei confronti del beneficiario responsabile);
– Lesioni che l’assicurato si è procurato in occasione di un sinistro provocato da propria condotta gravemente negligente ed imprudente per aver assunto alcool e droga (Cass. 2015, n.9448)
SINISTRO CAUSATO DA DOLO
La tematica del dolo nei sinistri infortuni si ricollega al tema delle lesioni autoinferte (autolesionismo e suicidio) o alle frodi ai danni delle assicurazioni (art. 642 cod. pen.). A differenza della colpa grave (per la quale è ammessa deroga) tali sinistri NON potranno mai, in nessun caso, essere ammessi ad indennizzo in ossequio al principio indennitario coessenziale al buon andamento della pubblica economia. In tutti i casi in cui dovessero emergere, dalle risultanze medico-legali, dei dubbi sulla causa della lesione o del decesso (non fortuito, non dovuto a colpa grave, ma provocato intenzionalmente) il più efficace mezzo di contrasto sarà la denunzia-querela in sede penale subordinatamente al reperimento delle prove precostituite da allegare o indicare già in sede di querela).
In relazione ai fatti intenzionali dell’assicurato occorre distinguere tra
INFORTUNI NON MORTALI
Pacificamente le menomazioni permanenti (come la temporanea e le altre prestazioni eventualmente previste) autoinfertesi non potranno essere indennizzate sia per il principio generale di cui all’art.1900 c.c. sia per la carenza dell’indefettibile elemento della causa fortuita.
INFORTUNI MORTALI (suicidi)
a) fatto doloso dell’assicurato
La dottrina è divisa sulla natura della assicurazione contro gli infortuni per il caso morte (assicurazione contro i danni, assicurazione sulla vita o assicurazione mista); Ove dovesse essere ritenuta prevalente la funzione di risparmio previdenziale legata alla copertura per il caso morte dovrà applicarsi l’art. 1927 c.c. secondo il quale, decorsi due anni dalla stipula e salvo patto contrario (il quale può riguardare sia l’allungamento del termine sia la esclusione totale della copertura), l’assicuratore sarà tenuto ad indennizzare anche il suicidio dell’assicurato.
La giurisprudenza di merito più recente (a partire da Tribunale di Vicenza 25.03.2010 in Resp. civ. e prev. 2010, 10, 2122) ha stabilito che, laddove l’evento morte fosse riconducibile ad un gesto volontario dell’assicurato, la polizza infortuni (operante per il caso morte) non dovesse operare, nonostante il disposto di cui all’art. 1927 c.c. ex adverso invocato, per carenza del requisito indefettibile della “causa fortuita” del sinistro. Si veda il file allegato con le più recenti cinque sentenze di merito le quali (tutte) ritengono l’assicurazione infortuni per il caso morte rientrante nel “genus” assicurazione contro i danni.
b) fatto doloso del beneficiario ai danni dell’assicurato
Pacifica e scontata appare la non indennizzabilità dell’evento (doloso) morte in favore del beneficiario autore del reato; In ipotesi peraltro di pluralità di beneficiari l’indennizzo sarà comunque dovuto ai soggetti estranei al disegno criminoso. Sul punto si veda (con nota Rossetti in Assicurazioni 1999, II, 249) Tribunale Roma 12/05/1998: “In tema di assicurazione infortuni a favore del terzo, comprensiva dell’evento morte, qualora uno dei beneficiari della polizza cagioni dolosamente la morte dell’assicurato, l’assicuratore ha diritto di rifiutare il pagamento dell’indennizzo, ai sensi dell’art. 1900 c.c., soltanto nei confronti del colpevole, mentre resta dovuto l’indennizzo ai coeredi beneficiari non partecipi del delitto. L’indennizzo di questi ultimi, tuttavia, dovrà essere decurtato della quota parte spettante all’erede indegno.”

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4-ONERE DELLA PROVA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO
a) in relazione alla difformità informativa
L’assicuratore che eccepisce la inoperatività della garanzia infortuni per falsa informazione intenzionale dell’assicurato formula eccezione in senso stretto per cui, trattandosi di fatto impeditivo della altrui pretesa, è onerato ex art. 2697 c.c. di fornire la prova in giudizio della difformità e del relativo elemento soggettivo. Prova che, concretamente, sarà contenuta nei documenti reperiti in istruttoria stragiudiziale (“oggettivizzazione” del dolo e della colpa grave).
b) in relazione alla causazione del sinistro
b1) per sequele non mortali causate da colpa grave o dolo l’assicuratore potrà limitarsi ad eccepire genericamente la non operatività della garanzia incombendo sull’assicurato dare conto della riferibilità della lesione, quale fatto costitutivo del diritto all’indennizzo, a “causa fortuita”, accidentale;
b2) per sequele mortali laddove i Giudici riterranno, rispetto alla specifica polizza dedotta in causa, prevalente la funzione indennitaria della garanzia infortuni l’onere di dimostrare la causa fortuita del decesso incomberà sui beneficiari; Laddove, al contrario, dovessero ritenere prevalente la funzione previ-denziale o di risparmio della copertura per il caso morte, si applicherà l’art. 1927 c.c. e, conseguentemente, l’onere di dimostrare il fatto “suicidio” incomberà sull’assicuratore. Qui, giusto principio generale ex 2697 c.c., sull’assicurato basterà allegare il fatto costitutivo “morte” mentre incomberà sull’assicuratore convenuto l’onere (assai arduo) di dare conto del fatto impeditivo “suicidio”.

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